Dall'inconsapevolezza verso la consapevolezza
«Gurdjieff ripeteva sempre ai suoi discepoli, come prima cosa, come cosa essenziale: “Scoprite qual è la vostra corruzione più grande, il vostro nucleo distruttivo, la caratteristica centrale su cui si fonda la vostra inconsapevolezza.”
Per ognuno sarà una cosa diversa. Qualcuno è fissato col sesso. In un paese come l’India, in cui il sesso è stato represso per secoli, questa è diventata una peculiarità praticamente universale: tutti sono ossessionati dal sesso. Qualcun altro può essere ossessionato dalla rabbia e qualcuno dall’avidità. Devi osservare qual è la tua ossessione fondamentale.
Quindi, come prima cosa scopri qual è la caratteristica principale su cui si fonda l’intero edificio del tuo ego. E poi restane sempre consapevole, poiché può esistere solo se ne sei inconsapevole. Il fuoco della consapevolezza la incenerisce in modo automatico.
E ricorda, ricordalo sempre: non devi coltivare l’opposto. Di solito accade questo: una persona che diventa consapevole del fatto che: “La mia ossessione è la rabbia; cosa dovrei fare, dunque? Devo coltivare la compassione”. “La mia ossessione è il sesso, cosa dovrei fare, dunque? Devo praticare il brahmacharya, il celibato.”
La gente si sposta da una cosa al suo estremo opposto. Questa non è la via della trasformazione. È lo stesso pendolo che si muove da sinistra a destra, da destra a sinistra. Ed è così che la tua vita si è mossa, da secoli: il pendolo è sempre lo stesso!
Il pendolo dev’essere fermato nel mezzo. Questo è il miracolo della consapevolezza! Il semplice essere consapevoli del fatto che: “Questa è il mio problema più grande, questo è il punto in cui inciampo in continuazione, questa è la radice della mia inconsapevolezza.”
Non cercare di coltivare l’opposto, riversaci invece tutta la tua consapevolezza. Crea una fiamma viva di consapevolezza e verrà incenerito! E a quel punto il pendolo si fermerà nel mezzo.
Con l’arresto del pendolo, il tempo si ferma. All’improvviso, entri nel mondo del senza tempo, dell’immortalità, dell’eternità.»
Osho
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